Rinvenuto ad Oxyrynchos (Bahnasa), il papiro, (Larghezza - 3,5-4,5; Altezza - 19,2 Margine destro: 1,6 cm.) composto di quattro frammenti combacianti, è datato al II secolo d.C. sulla base della stretta somiglianza. ''Ben oltre le pur accentuate concordanze stilistiche'', secondo Cavallo1975. con P. Fay. 87, del 155 d.C. (l.1-2: ἔτους ιη' Αὐτοκράτορος Καίσαρος Τίτου Αἰλί[ο]υ | Ἁδριανοῦ Ἀντωνείνου Σεβαστοῦ Εὐσεβοῦς). Cavallo, nel suo prospetto cronologico Cavallo 1975 indica P.Oxy. 2469 prima di P. Fay. 87: quest'ultimo sarà dunque da ritenere come terminus ante quem. Il papiro riporta dunque una versione del testo molto più ristretta del codice, mancando di interi sintagmi e frasi, come τὸν Φιλίππου πρόγονον al primo rigo, τὴν ἐλευθερίαν αὐτοῖς καὶ τὴν αὐτονομίαν al quinto μετέστησαν δὲ αὐτούς οἱ Λακεδαιμόνιοι, in quest'ultimo caso anche a detrimento del senso. Vi sono poi due luoghi del papiro che forniscono una versione leggermente più dilatata, quando al rigo 22 si parla dei "Greci medizzanti" assieme ai Beoti, e con l'ἤδη del trentaduesimo rigo. Al quinto rigo l'integrazione con αὐτονομίαν o ἐλευθερίαν resta arbitraria, ma non c'è posto comunque per il verbo.
Cavallo considera il nostro papiro il più antico testimone della cosiddetta onciale copta, la scrittura probabilmente utilizzata da Fozio per dare al suo codice un'austerità maggiore. Ecco come la descriveva:
La scrittura, rigorosamente verticale, mostra nel complesso spiccata tendenza al disegno fluido e ricurvo e alle occhiellature corpose, sostituite, in certe manifestazioni, da grossi ispessimenti; gli effetti chiaroscurali sono dovuti, quindi, non tanto ad un particolare angolo di scrittura [...], ma piuttosto al ripiegarsi e sovrapporsi delle linee nel gioco delle occhiellature o all'artificioso innestarsi degli ispessimenti. Peculiare è anche la tendenza dei tratti orizzontali (superiori o inferiori) ma soprattutto degli obliqui discendenti da sinistra a destra (di regola arcuati) ad allungarsi, sì da dar vita ad un vero e proprio sistema di pseudolegature che creano l'illusione di teorie di lettere allacciate l'una all'altra. (Cavallo 1975)
Si possono sicuramente osservare, anche nel nostro caso, il tratto orizzontale lungo fino ad estendere il modulo al rettangolo, gli ''heavy bloblike serifs'' (Rea 1962, 141) con cui le lettere sono rifinite e la tendenza a prolungare i tratti obliqui discendenti sul rigo di base. Per quel che riguarda l'aspetto del supporto, un lungo e profondo solco percorre il papiro verticalmente e parallelamente al suo margine destro, probabilmente segno di una piegatura. Il testo è sul recto, il verso è bianco. Le righe dalla 25 alla 30 sono ben conservate per la quasi totale interezza, quindi offrono un buon riferimento per la larghezza delle precedenti e permettono scelte congetturali molto calibrate. La ricostruzione sulla base di FGrHist 104 (2.2 e 2.4) è legittima, come si può notare mettendo i testi a fronte l'uno dell'altro. Penso sia innegabile l'appartenenza dei testi alla medesima tradizione, sebbene forse in rami diversi
1: ἔπεμψεν REA; λαβὼν δὲ ὁ Μαρδόνιος πρῶτον
ἔπεμψεν METTE;
5: τα καὶ αὐτονομίαν
αὐτοῖς τηρήσειν, εἰ REA; καὶ
ἐλευθερίαν καὶ αὐτονομίαν
αὐτοῖς
τηρήσειν, εἰ METTE;
8: μαχοῖεν τοῖς
Ἕλλησιν REA; μαχοῖεν
τοῖς Ἕλλησιν METTE;
10: διόπερ ὁ
Μαρδό- METTE REA;
12: τὴν στρατιὰν καὶ τὰ
λει- REA; τὴν στρατιὰν
καὶ τὰ περιλει METTE;
13: πόμενα
προσενέπρησεν METTE REA;
19: στάδια
ὀγδοήκοντα METTE REA;
23: των
μυριάδες τέσσαρες METTE;
26: Ἕλ- METTE;
30: μετέστησαν δὲ Ἀθηναίους οἱ
Λακεδαιμόνιοι φή- REA;
32: ἐμπείρους ὑπάρχειν REA;